sabato 2 febbraio 2013

Marotta, risorsa o limite per la Juventus?


Chi lo difende ricorda, a ragione, che è stato lui a ingaggiare Pirlo a costo zero e ad acquistare Pogba e Barzagli con una spesa irrisoria, e a mettere sotto contratto o sotto opzione diversi giovani inseriti nella classifica dei 100 talenti più promettenti (gli ultimi l'ecuadoregno Cevallos e il brasiliano Matheus Oliveira). I suoi detrattori gli imputano, altrettanto a ragione, i denari sperperati per i vari Martinez, Motta e Rinaudo e l'incapacità di acquistare, in due sessioni di mercato estive e altrettante invernali, un centravanti di prima fascia. Il dibattito è aperto, e senza mezze misure: Giuseppe Marotta (Varese, 25 marzo 1955) è un genio del mercato oppure un direttore sportivo dalle capacità ampiamente sopravvalutate? La valutazione dall'esterno appare difficile, e la sensazione, al di là di quale possa essere la risposta, è che in tutti gli juventini, anche quelli (e sono una percentuale forse minoritaria, ma non trascurabile) sicuramente colpevolisti per quanto riguarda le responsabilità nella vicenda Calciopoli, è forte, anzi fortissima, la nostalgia per le qualità strettamente professionali di Luciano Moggi.
Il calciomercato è materia scivolosa, in cui il dirigente più bravo è quello che sbaglia di meno. Non c'è dubbio che Moggi, in questo, resti insuperato; non perchè non facesse errori (alla rinfusa, e limitandomi al periodo juventino, potremmo citare gli ingaggi di Blanchard, Gladstone, Morabito, l'abbaglio colossale relativo ad Henry, acquistato come esterno, la cessione frettolosa di Perrotta): semplicemente aveva una percentuale di errore inferiore a quella degli altri. Sicuramente anche inferiore a quella di Marotta.
Tuttavia, pur nel rispetto del diritto di critica, gli attacchi all'amministratore delegato bianconero sono probabilmente sproporzionati. Proviamo a ragionarci su. La prima cosa che salta agli occhi per quanto riguarda Marotta è un fatto insolito: stiamo parlando di un dirigente che ha sempre fatto il dirigente, entrando nei quadri tecnici del Varese nel 1977-78, a soli 22 anni e mezzo. Nonostante dunque un'età non avanzata (58 anni), possiamo considerarlo dirigente di lungo corso. Di lungo corso, ma di basso profilo, dirà qualcuno: il suo cursus honorum infatti recita Varese, Monza (1987-'90), Como (1990-'93), Ravenna (1993-'95), Venezia (1995-2000), Atalanta (2000-'02), Sampdoria (2002-'10) e infine, appunto, Juventus. La Juve è la sua prima società di profilo internazionale, e questo è probabilmente una delle ragioni per cui il primo anno le scelte di Marotta sono state complessivamente non all'altezza, a cominciare dalla convinzione che Del Neri potesse rappresentare una soluzione per la panchina bianconera. Potremmo paragonare Marotta ad un buon artigiano, per cui la capacità mostrata nel confezionare prodotti di qualità con risorse limitate è stata il passaporto per la chiamata a operare in un brand di scala internazionale. Il salto non è facile: parliamo di un dirigente che, fino al 2010, se doveva comprare un giocatore, invitava a cena (con rispetto parlando) il ds di Lecce, Bari, Vicenza o Messina e che da 18 mesi non di più è stato scelto per sedersi al tavolo con i dirigenti dei più grandi club del mondo: Liverpool, Real, Atletico, Chelsea, con tutte le problematiche del caso, decisamente più complesse rispetto alle precedenti, per non parlare della caratura dei procuratori; suppongo che il passaggio non sia stato automatico.
Tuttavia, quegli stessi tifosi che (anche giustamente per certi versi) lo indicano come il limite principale della attuale Juventus per il salto di qualità definitivo, dovrebbero ricordare che il suo immediato predecessore non è stato Luciano Moggi, bensì Alessio Secco, lui sì rivelatosi del tutto inadeguato al ruolo che è stato chiamato a ricoprire. Anche chi scrive pensa che, con le risorse a disposizione, Marotta avrebbe potuto e dovuto fare di più: le ultime tre punte acquistate dalla Juve sono state Giovinco (11 milioni per riscattarne la metà. una follia, ma richiesta da Conte), Bendtner (prestito con diritto di riscatto, e non sarà riscattato) e Anelka (ingaggio-ponte per coprire fino al 30 giugno il buco in organico legato all'infortunio del danese). Complessivamente, se dal punto di vista tecnico gli ultimi due ingaggi non sono probabilmente all'altezza, sul piano economico non sono un grande aggravio. Più grave, semmai, è vedere che nel frattempo, la Fiorentina è riuscita a comprare Giuseppe Rossi a 10 milioni, che un elemento non di primo livello quale Berbatov si è permesso di prendere in giro lui e la società (che a sua volta aveva rifilato uno sgarro alla Fiorentina, e sul mercato è pericoloso farsi dei nemici), che punte come Van Persie, Higuain e persino Lisandro Lopez sono tutte scivolate di mano, che non si è riusciti a convincere l'Atletico Bilbao a cedere tre mesi prima un giocatore in scadenza di contratto come Llorente. Tuttavia, la Juventus 2012-13 rispetto a quella dell'anno precedente, appare oggettivamente migliorata: sono rimasti tutti i migliori, alla rosa si sono aggiunti elementi certamente utili come Pogba, Asamoah e Isla (che andrà giudicato compiutamente nel prossimo campionato: dopo un infortunio ai crociati il primo torneo è sempre di rodaggio), per il futuro sono stati presi molti giovani promettenti, fra cui citerei il portiere Leali, potenzialmente il più forte della sua generazione. Non credo che l'obiettivo dei bianconeri quest'anno fosse vincere la Champions' League, e ritengo la squadra costruita da Marotta e Paratici come l'unica davvero migliorata in un campionato complessivamente peggiorato rispetto a 12 mesi fa. Il rendimento alterno della Juve, che comincia a preoccupare i tifosi più attenti, la difficoltà a segnare, la minore aggressività sul terreno di gioco, non paiono addebitabili a lui. Non so, francamente, se in Italia, Galliani a parte, esistano dirigenti sportivi con una percentuale di errore inferiore a quella di Marotta: mi sembra che in questo momento, anche il settore dei ds, come il resto del nostro calcio, stia vivendo un momento di riflusso qualitativo. E personalmente, se è vero che uno scambio con Moggi (per la competenza) lo farei ad occhi chiusi, non so se cambierei Marotta con altri dirigenti della nostra serie A. L'unico appunto, semmai, è rivolto a chi sta sopra di lui in società: dalla spensieratezza di Stramaccioni ai dubbi sollevati sulla fede calcistica dell'arbitro Guida, appare chiaro che l'approccio coi microfoni non è certamente la qualità migliore del Marotta dirigente. E allora, alle interviste è proprio necessario mandarci lui?


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