giovedì 22 gennaio 2015

Considerazioni su Giovinco

Lunedì prossimo, Sebastian Giovinco (Torino, 26 gennaio 1987) festeggerà i suoi primi 28 anni.
Si è molto parlato del suo trasferimento nella MLS, in quella Toronto che proprio con l'ingaggio di uno juventino, Roberto Bettega, tanti anni fa aveva cominciato ad appassionarsi al calcio.
Della scelta, di vita, ma soprattutto professionale, del giocatore, si è parlato moltissimo in queste settimane, e se mi permetto di toccare a mia volta l'argomento, col ritardo che spesso accompagna i blog di chi nella vita ha anche altro da fare, è solo perchè mi sembra che, nella sua parte più profonda, la decisione di Giovinco di andare a giocare in Canada all'età di soli 28 anni, sia molto rappresentativa del personaggio.
Sulle dimensioni del Giovinco giocatore, mi sono già espresso qui, e sostanzialmente non ho cambiato idea. 
So che molti lo reputano ancora un grandissimo talento, un elemento in grado da solo di risolvere le partite, un top player incompreso, ma probabilmente un esame approfondito della sua carriera è il modo migliore per dimostrare che non è così, e che non tutte le promesse di quando era considerato il giovane più interessante della Juniores della Juventus sono state mantenute.
La prima cosa da sottolineare è che, a differenza di altri ex giovani promesse (perchè Giovinco, è giusto ribadirlo, è un ex giovane. A 28 anni un giocatore è nel pieno della maturità), di occasioni ne ha avute in quantità. Tanto per cominciare, è arrivato in prima squadra al momento giusto: le sue prime presenze sono nella Juve del 2006-07, quella della serie B, che ripartì da diversi elementi del vivaio: oltre a lui c'erano De Ceglie e Marchisio (un anno più vecchi di lui) e, più anziani, Palladino e Paro, tutti cresciuti in casa. 
Tre presenze con Deschamps, e d'altra parte ha 20 anni e un fisico che non lo aiuta, fra le ferree difese della B. Ma la società crede in lui, almeno quanto crede in Marchisio, prova ne è che l'anno dopo, tornata in A, li manda entrambi in prestito a Empoli, e attenzione: quell'anno, l'Empoli fa la coppa UEFA (uscirà al primo turno con lo Zurigo). Al riguardo è significativo leggere cosa dirà dei due qualche anno dopo Gigi Cagni, loro allenatore in quella stagione.
A Empoli, sotto la guida del saggio Gigi, Giovinco mette insieme 35 presenze e 6 gol e complessivamente sia lui che Marchisio piacciono, tanto che la Juve li riporta a casa entrambi. Quando ha 21 anni, ed è considerato il prossimo grande giocatore italiano, torna a casa. Va bene che gli capitano due stagioni un po' così, con Ranieri prima e poi con Ferrara-Zaccheroni, che non sono proprio le migliori della Signora (un secondo posto, ma con 10 punti di ritardo dall'Inter e poi un settimo posto), ma entrambi gli danno abbastanza fiducia (35 presenze in due anni), e forse gliene darebbero di più se qualche volta accettasse di giocare trequartista oppure ala sinistra. Ma non si tratta di un giocatore famoso per la sua disponibilità a cambiare ruolo. Nel frattempo Marchisio, meno quotato di lui, ma molto più solido mentalmente e atleticamente, si impone titolare.
Dopo il settimo posto la Juve commette forse un errore (si poteva insistere ancora un anno su di lui) e lo manda a Parma, in prestito con diritto di riscatto della comproprietà. Con 66 presenze e 22 gol in due stagioni si conferma un ottimo giocatore per squadre di medio livello, impostate soprattutto sullo sfruttamento degli spazi in quello che una volta veniva chiamato contropiede. 
Nell'estate del 2012 la Juve lo riporta a casa su esplicita richiesta di Conte (stra)pagando la metà del Parma 11 milioni di euro. Il 2012-13 lo gioca da titolare (31 presenze e 7 gol), l'anno dopo finisce in panchina (17 e 2). Forse non viene sottolineato a sufficienza che a spingere il club ad acquistare un altro attaccante nel suo ruolo, cioè Tevez, è lo stesso Conte, l'allenatore che maggiormente lo stima, e che implicitamente con questa scelta ne svela la reale dimensione: buon giocatore, non campione. 
(cliccare per ingrandire) Gli ingaggi della Serie A 2014-15. Solo De Rossi,
fra gli italiani, guadagna più di quanto Giovinco riceverà a Toronto
Ora Toronto. Che sia questione di soldi non si discute: 6 milioni di euro all'anno di ingaggio ne faranno il secondo giocatore italiano più pagato al mondo (De Rossi ne prende 6.5, Balotelli 5,5). Ovvio pensare che un giocatore come lui avesse altre offerte, ma evidentemente, fra cercare di imporsi definitivamente a livello nazionale e internazionale, optando magari per una Fiorentina, un Everton o uno Shalke04 (fra parentesi, una esperienza all'estero, ma in Europa, avrebbe potuto fare molto per lui), e firmare il contratto più lucrativo della sua carriera, ha scelto la seconda opzione. Ben sapendo che andare in Canada a 28 anni significa uscire dalla geografia del calcio che conta. Col cartellino in mano da giugno, era una scelta interamente sua. E non mi sembra, sul piano dell'autostima e della voglia di vincere, la scelta di un campione.
Accanto a questa considerazione, ce ne sarebbe un'altra: è brutto, per chi è cresciuto con la Serie A "Campionato più bello del mondo" pensare che persino una squadra canadese possa portare via giocatori alla nostra massima divisione dimostrando più ricchezza e più appeal di squadre di notevole tradizione come Fiorentina, Samp, Lazio, e compagnia. Forse questa è la cosa che fa più male al nostro calcio, certo molto più dell'addio di Giovinco.

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